Intervenire o no nelle liti tra i fratelli?

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Sapevi che nella metà dei casi, ci sono brutali litigi tra fratelli per l’eredità?

Quello che ti può sembrare un problema di avidità, ha invece origini non tanto da una questione materiale, come accade ai bambini piccoli quando litigano per gli oggetti.

Si tratta piuttosto di una richiesta di attenzione, un affetto non ricevuto da parte dei genitori, o magari un affetto non percepito dai bambini che amplifica la competizione tra fratelli e la fa crescere nel tempo, fino, in alcuni casi, a discutere per l’eredità da adulti.

Quello che si può immaginare da questo è che manca una educazione nella risoluzione dei conflitti, che dal litigio di due bambini per uno stesso giocattolo, si possa passare a questioni più ampie da adulti.

Certo, il fatto che le statistiche nella metà dei casi non depongano a favore di una relazione fraterna serena, non è predittivo di quel che sarà. E al tempo stesso non è obbligatorio diventare amici dei propri fratelli.

Tuttavia, la quantità di tempo che i fratelli e le sorelle trascorrono insieme da bambini, offre un bagaglio di ricordi comune e un punto di vista differente sui vissuti di famiglia.

L’intervento dei genitori può essere decisivo per contribuire a costruire le competenze nella gestione delle divergenze, e contemporaneamente come i genitori gestiscono i conflitti tra fratelli, può fornire gli strumenti ai bambini per rapportarsi con i genitori stessi e, di conseguenza, anche per gestire le emozioni che proiettano l’uno sull’altro.

Cosa vuol dire proiettare? Per spiegartelo, utilizzerò le parole di Jung:

L’inconscio di una persona è proiettato su un’altra persona, così che la prima accusa la seconda di ciò che trascura in se stessa.

Tipi psicologici, Carl Gustav Jung

In questo caso, proiettare vuol dire che i fratelli a volte litigano tra loro, per atteggiamenti dei genitori che ritengono iniqui, e dunque, per il dolore che questi atteggiamenti hanno provocato: invece di toccare il proprio dolore per un affetto assente o non percepito, sentono colpevoli i fratelli, magari altrettanto abitati da questo dolore.

Vedo molti adulti che non hanno buoni rapporti con i fratelli o che addirittura hanno rotto i rapporti con loro. A mio avviso, questo può essere prevenuto con un amorevole e attento intervento quando i figli sono bambini.

Hai mai sentito dire “Non intrometterti nelle discussioni tra bambini, così imparano a gestirsele da soli.”?

Quanta verità c’è in questo approccio?

Io stessa ho ascoltato questo consiglio e ho cercato di valutare se potesse essere utile. Ho osservato i battibecchi e cercato di comprendere cosa si intendesse con “intervenire”, oppure “non intervenire”.

Io ho una figlia sola, che gioca comunque con altri bambini, con i quali è naturale che insorgano di tanto in tanto dissensi e discussioni.

E quello che noto maggiormente, soprattutto quando l’adulto è a portata di orecchio durante un bisticcio tra i bambini, è che i bambini si accorgono che l’assenza di intervento avvalla la posizione di chi prevale nel conflitto.

immagine: uomo con scatola in testa e scritta: fingi di non sentire?

Se intervenire ad ogni screzio, partecipando indiscriminatamente alle discussioni, non consente ai bambini di sviluppare le competenze necessarie nelle risoluzioni dei conflitti, e la relativa sensazione di autoefficacia che ne può derivare, anche non intervenire pur essendo presenti, ha un impatto nella gestione del conflitto e nell’acquisizione di nuove competenze.

Se non sai cos’è l’autoefficacia, ne ho scritto in un articolo precedente che puoi recuperare qui.

Dunque, di norma non intervenire in una lite, pur trovandosi a portata d’orecchio, vuol dire avvallare la posizione del bambino che ha più potere nella relazione. Ma cosa vuol dire?

Nella maggioranza dei casi, tra fratelli, i bambini hanno età diverse ed il bambino più grande ha più potere nella relazione poiché è più grande di dimensioni, più esperto, ha più competenze e più esperienza. È nato prima, ha vissuto più a lungo, ha avuto più occasioni per imparare.

Ciò non vuol dire che i più piccoli non hanno un potere, tutt’altro! Tuttavia, chi è più grande, solitamente, potrebbe mostrare maggiore sicurezza nel manifestare i propri bisogni e nel perseguire i propri obiettivi rispetto al più piccolo. E se ad esempio, con un intervento costante del genitore, il più piccolo si guadagna maggiore potere quando il genitore chiede al maggiore di cedere “perché l’altro è piccolo”, non intervenendo sistematicamente nei litigi, il genitore allo stesso modo avvalla il potere del figlio grande.

Ma Vera, cosa devo fare? Intervengo rischiando di intervenire a sproposito, o lascio fare? Come decido?

Ora cerco di spiegarti meglio quali sono le opzioni che hai.

Uno dei padri della psicologia positiva, Theodor Dreikurs, teorizzò che i bambini discutono tra loro per ottenere l’attenzione dei genitori. Concluse dunque che se il genitore non dava loro quell’attenzione, i bambini avrebbero poi discusso meno. Seguirono studi a conferma di questa teoria, ma ti chiedo di non fermare qui la lettura.

Infatti, se da un lato è vero che intervenendo meno, i litigi possono anche diminuire, questo non è per forza un bene. E ora scoprirai perché.

Studi successivi a quelli dell’epoca di Dreikurs, hanno mostrato come il motivo che porta a diminuire i conflitti tra fratelli, quando il genitore non interviene, è che il bambino che si ritrova ad avere meno potere nel conflitto, quello che più spesso viene sopraffatto dall’interazione nei litigi, smetta di manifestare i propri bisogni e la propria frustrazione.

Perché accade?

Perché se in un numero X di conflitti, gestiti da sé e con le proprie competenze, il bambino sente di non avere potere e non ottiene quasi mai ciò che desidera, poi smette di presentare la propria emozione e i propri bisogni con il fratello (o con la sorella).

Ora, così hai di certo ottenuto un minor numero di conflitti, ma sono certa che se sei qui, non è questo l’obiettivo che vuoi raggiungere. E per non perderti nemmeno un articolo del blog Genitori e Boccioli, iscriviti subito alla mailing list.

 

Un bambino che apprende questo schema di gestione del conflitto, diventerà con ogni probabilità un adulto che smette di ascoltare il proprio bisogno, la propria emozione. O al contrario, potrebbe anche applicare lo stesso atteggiamento che subisce, ad altre situazioni in cui è lui ad essere il più forte e la persona con più potere.

Insomma, non si tratta di una situazione che desideri che accada ai tuoi figli, quando saranno adulti o giovani adulti, nel mondo.

Se d’altro canto un’altra tendenza che puoi invece avere è quella di subentrare invece nei litigi, potresti accorgerti che il tuo intervento somiglia più a quello di un giudice che decreta chi ha ragione e chi ha torto, piuttosto che risultare un facilitatore che accompagna i bambini a gestire l’emotività e il conflitto.

Stabilire infatti se sia legittimo o no che il fratellino di 4 anni si senta vittima di una ingiustizia, quando la sorellina di 10 mesi si appropri dei suoi giocattoli, mentre gattona nella stanza, può aumentare la frustrazione e la sensazione di impotenza da parte dei bambini.

Entrambi i bambini hanno infatti diritto di esprimere il proprio bisogno: il fatto che la piccola ancora non possa chiedere il permesso di prendere gli oggetti altrui, e che abbia un bisogno di esplorazione nello spazio, e nella materia degli oggetti, non nega affatto la sensazione di invasione che può provare il fratello nel vedersi sottrarre un giocattolo!

Del resto, non gli insegnamo che bisogna chiedere prima di prendere? E perché la sorella non lo fa? Dal punto di vista del bambino, ha tutto il diritto di sentirsi arrabbiato e frustrato!

E strappare il giochino alla bimba sgridandola con un “non si fa”, non la aiuta certo a prenderne consapevolezza, non può! Non ha ancora gli strumenti per aderire a questa richiesta.

Quello che si può fare, o cominciare a fare, è mantenere la calma sapendo che non è tuo compito far sì che elaborino tutto, ma è il loro percorso.

Puoi cominciare legittimando l’emozione di entrambi, dicendo loro quanto dev’essere frustrante vedersi togliere un oggetto. Anche se ti rivolgi solo al bambino che già è in grado di parlare, non temere che i piccoli in età pre-verbale non apprendano.

Ti ascoltano anche loro! Sentono il tuo tono calmo, la legittimazione dell’emozione, sentono che hai sospeso il giudizio su ciò che accade e al tempo stesso che ci sei e non ti spaventano le grandi emozioni.

Nel cominciare il dialogo, il bambino che si sente parte lesa, potrà ancora avere rabbia da esprimere. Puoi rimandarglielo verbalmente, e suonerebbe più o meno così:

Vedo che ancora c’è molta frustrazione, sei ancora arrabbiato, ti capisco!

E mano mano che gli consenti di esprimere questa emozione, il suo corpo gli consentirà di modificarla, perché lui sentirà che sei insieme a lui e che può sopravvivere a queste sensazioni forti che prova e all’inizio non sa come gestire.

Puoi poi proporre di riflettere su cosa si può fare, la volta successiva, affinché non accada. Il bambino attiverà un processo di pensieri che può aiutarlo a gestire meglio l’ambiente in modo da prevenire o limitare ulteriori “furti” dalla sorella, o da diventare maggiormente consapevole che potranno succedere ancora perché si tratta di una fase necessaria per la bambina.

Sarà all’inizio forse un atteggiamento un po’ forzato, come quando apprendi un nuovo sport, o una nuova lingua. Senza la pretesa di applicare tutto subito, puoi ambire a un primo tentativo, poi ad applicare 1 volta su 3, poi magari 2 su 3, tendendo a un esercizio costante che ti porta a sentirti più naturale nell’approccio.

Quali sono i momenti di litigio tra fratelli in cui più senti di voler modificare il tuo atteggiamento? Scrivimelo nei commenti!

L’argomento certo non si esaurisce qui, e continuerò l’approfondimento nel prossimo articolo.

Per accompagnarti nel trasformare le situazioni che portano ansia e sofferenza nella tua quotidianità con tuo figlio, Contattami qui per una consulenza gratuita di 30 minuti:

Parleremo, risponderò alle tue domande e fisseremo un appuntamento.
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Sono disponibile per incontrarti online e parlare di ciò che ti sta più a cuore in questo preciso momento della tua vita.

Ti sarà utile a seminare il tuo giardino per una genitorialità serena, felice e soddisfacente, nel rispetto dei tuoi bisogni e di quelli di tuo figlio.

A venerdì prossimo!
Vera

 

Bibliografia

MACNAMARA, DEBORAH, Capire i piccoli. Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose: i bambini da 0 a 6 anni, Edizioni Il leone verde, Torino 2018

MANITONQUAT, Crescere insieme nella gioia, Prendersi cura dei bambini nella via del cerchio, Edizioni Il leone verde, Torino 2014

MARKHAM, LAURA, Peaceful parent, happy siblings . How to stop the fighting and raise friends for life, Penguin group, New York 2015

NEUFELD, GORDON; MATÉ, GABOR, I vostri figli hanno bisogno di voi. Perché i genitori oggi contano più che mai, Edizioni Il Leone Verde, Torino 2009

 

Vera Ghirardini

Ciao! Sono Vera Ghirardini, consulente genitoriale. Aiuto i genitori che si chiedono dove stanno sbagliando, a vivere con leggerezza e armonia, nel rispetto dei propri bisogni e di quelli dei propri figli
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Micaela Faieta
Micaela Faieta
3 anni fa

Ciao Vera,
come ti ho accennato, ora Alice è sotto mira di un compagno di classe, mi chiedo cosa può fare un genitore, a parte il colloquio con la scuola, per gestire gli effetti del bullismo subito. Ma come è possibile che ci siano episodi di bullismo (in questo caso lo è perché è ripetuto sia fisicamente con due bernoccoli, una ciocca di capelli spezzati) e verbali. Capisco che il bambino che agisce in questo modo manifesta dei problemi magari neanche con mia figlia direttamente, ma come faccio io a proteggere lei? Come parlarne? Non mi immaginavo che già dai 4 anni si potessero manifestare questi atteggiamenti. Spero tu possa parlarne in una delle prossime dirette.
Ti ringrazio
Un abbraccio
Micaela

Vera Ghirardini
Amministratore
3 anni fa
Rispondi a  Micaela Faieta

Ciao Micaela,

immagino la preoccupazione e lo sconforto.

La prima cosa da fare, è aprire il dialogo con le maestre. Puoi accertarti con loro che di bullismo effettivamente si tratti, anche se per questa età in effetti mi pare si possa spaziare verso altre definizioni.

Ci sarà modo di approfondire, in una diretta o in un articolo 🙂

Un caro abbraccio,

Vera