Quel pensiero che ti rovina il sonno

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Come uscire dal circolo vizioso del peso dei sensi di colpa per gli errori che commetti, o che potresti commettere, con i tuoi figli, recuperare sonni sereni e una connessione felice e costruttiva per te e i tuoi bambini.

 

Rieccoci al consueto appuntamento settimanale con la rubrica di Genitori e Boccioli, in cui coltiviamo le relazione tra genitori e figli per sviluppare un giardino rigoglioso, adesso e negli anni a venire.

 

Oggi trattiamo un tema che coinvolge la quasi totalità dei genitori con cui io ho modo di confrontarmi sia professionalmente che nella mia vita privata.

 

Moltissimi genitori vivono periodi più o meno frequenti in cui si svegliano di notte e si arrovellano su come sia meglio crescere i propri figli. Si sentono in colpa e inadeguati, hanno mille dubbi.

 

Questo senso di colpa li porta, ad un certo punto, anche attraverso un supporto professionale, a trasformare i momenti di crisi in una opportunità.

 

Il senso di colpa però non è sempre un utile strumento di crescita e può trasformarsi in un boomerang che aumenta il livello di sofferenza e non è di supporto né ai genitori, né ai figli, né alla loro relazione.

 

Parliamo insieme di come cogliere le opportunità di crescita e trasformare la voce interiore del senso di colpa che porta sofferenza, in una voce alleata che vi supporta nel crescere i vostri figli.

 

Come puoi accorgerti se ti senti in colpa, e distinguere questa sensazione da una sana riflessione e auto osservazione?

 

Il senso di colpa si caratterizza con uno stato emotivo penoso, di sofferenza, che può sfociare in manifestazioni differenti:

 

  • sonno scarso o insufficiente, con pensieri ricorrenti che tengono svegli in orari di riposo;
  • tensioni mandibolari da stress;
  • tensione a collo o spalle;
  • dolori allo stomaco o indigestioni;
  • respiro corto

 

Questo è un elenco non esaustivo delle manifestazioni dei sensi di colpa, che possono davvero variare di caso in caso.

 

Naturalmente, in caso di sintomi duraturi, una visita medica può essere consigliata, al tempo stesso, ignorare lo stato emotivo può portare a limitare o azzerare i benefici delle cure eventualmente prescritte.

 

Oltre a non portare risultati nel lungo termine nei confronti dei propri bambini e della sensazione di autoefficacia come adulto responsabile di crescere dei giovani esseri umani.

 

Come può scorrere una profonda connessione nella relazione tra genitori e figli in uno stato fisico di partenza caratterizzato da questo grado di tensione?

 

Non può!

 

E lo vediamo dall’obiettivo principale del senso di colpa:

 

Quando ti senti incolpa, l’obiettivo principale è allontanarti dallo stato emotivo penoso in cui ti senti di navigare.

 

Puoi provare rimorso per diverse ragioni, per aver urlato a tuo figlio, e viceversa per aver ceduto all’ennesima richiesta su cui non eri d’accordo, immaginando conseguenze catastrofiche per il successivo sviluppo del bambino.

 

Di fatto ti ritrovi a provare rimorso, e questo rimorso ha un indubbio vantaggio, almeno apparentemente:

 

Il rimorso rafforza il senso di responsabilità personale verso gli altri.

 

Sembra fantastico.

 

Eppure c’è un lato oscuro

Foto con Darth Vader di starwars e due guardie, e scritta: passa al lato oscuro, noi abbiamo i biscottini! (foto biscottini sotto la scritta)

(Se non sei un fan di starwars, perdona lo stacco ironico della foto sul lato oscuro!)

 

L’obiettivo del senso di colpa, è certamente rafforzare il senso di responsabilità personale verso gli altri, tuttavia con un obiettivo che non è centrato al contatto profondo e al rispetto altrui.

 

L’obiettivo è di non sentirsi più in debito emotivo verso gli altri, e responsabili della propria azione.

 

In altre parole, il desiderio effettivo è di riabilitare l’immagine che si ha di se stessi, affossata dal senso di responsabilità che affligge per l’errore commesso, o che si teme di aver commesso.

 

Ed è qui che entra in gioco la differenziazione con il sentimento della vergogna, e la preferenza che nella nostra società viene accordata al senso di colpa, piuttosto che alla vergogna.

 

Mi spiego meglio.

 

La vergogna è una sensazione che porta a reagire con la fuga, con l’allontanamento dal danno fatto, reale o percepito che sia.

 

La vergogna porta a nascondersi, a non parlarne più.

 

Al contrario, il senso di colpa porta a cercare una riparazione, porta a investire, in qualche modo, nella relazione, invece che rifuggirla.

 

Ti faccio un esempio: quante volte da bambino ti hanno detto che dovevi chiedere scusa per aver, che so, strappato un giocattolo ad un amichetto?

 

Non dico solo come regola generica. Proprio in quel momento, frasi come: chiedi scusa subito! O equivalenti, più o meno gentilmente formulate.

 

Ti è successo?

 

Ecco, questo è un metodo che a molti genitori sembra più efficace, perché innesca un senso di colpa che porta alla ricerca di una riparazione immediata della malefatta.

 

Al contrario, la vergogna, con il suo istinto di fuga, necessita di un percorso, con risvolti a medio-lungo termine.

 

Se si accompagna la sensazione di fuga che caratterizza la vergogna, e si offre uno spazio di ascolto e accoglienza che consenta l’elaborazione dell’accaduto, attraverso uno spazio sicuro di riflessione, di sospensione del giudizio rispetto a ciò che è accaduto e ha innescato la vergogna, è possibile arrivare ad una metabolizzazione consapevole a medio e lungo termine del motivo per cui, ad esempio, non si strappano i giochi di mano agli amichetti.

 

Ma Vera, hai scritto “se si accompagna la sensazione di fuga”. Si accompagna, ma chi la accompagna?

 

Questa è un’ottima domanda, e ha due risposte.

 

  1. Se si tratta di un’emozione del tuo bambino, la accompagni tu, come adulto di riferimento.
  2. Se si tratta di un’emozione tua, puoi scegliere qualcuno che funga da tuo adulto di riferimento e che sappia sospendere il giudizio, e offrirti uno spazio sacro di riflessione.

 

Al contrario della vergogna, il senso di colpa riparato immediatamente, può trasformarsi in un boomerang verso se stessi!

 

La relazione con l’altro sembra riparata, e al tempo stesso non ha avuto un incremento in qualità di connessione profonda, non ti senti più intimamente dalla stessa parte.

 

L’obiettivo raggiunto è solo di riabilitare la propria immagine davanti a se stessi o agli occhi dell’altro.

 

Il senso di colpa può essere utile se ci si tratta con rispetto e si desidera entrare in contatto con soluzioni che incrementino la gioia invece che con soluzioni che semplicemente riducano la sofferenza.

 

E per incrementare la gioia, è necessario riconoscere ciò che possiamo effettivamente controllare ed è in nostro reale potere cambiare.

 

Da questo fondamentale discernimento, possiamo:

 

  • Toglierci il peso dalle spalle se non si tratta di una questione in nostro potere;
  • Porre rimedio se è una situazione che è in nostro potere cambiare.

 

Ad esempio:

 

Se abbiamo un bambino di oltre 18 mesi che piange, a meno che non sia per bisogni che solo noi possiamo aiutarlo a soddisfare, ad esempio se ha fame e ovviamente non può cucinare per se stesso, non siamo responsabili del fatto che pianga e non è in nostro potere farlo smettere.

 

Quello che realmente è in nostro potere è stargli accanto in modo premuroso per consentirgli di sperimentare profondamente l’emozione, per poi elaborarla e superarla.

 

Senza operare questo fondamentale discrimine tra le situazioni che è in nostro potere cambiare e quelle che non lo sono, puoi ritrovarti in un circolo vizioso, a dirti:

 

Mi sento in colpa

Non posso risolvere

Non sono capace

Se non sono capace, è perché sono fatto così

Dunque non posso farci nulla.

 

Che è un’ottima scusa per non cambiare, perché cambiare è più costoso a livello di spesa di energia (ho scritto più approfonditamente riguardo alle resistenze al cambiamento in questo articolo).

 

Insomma, cambiare significa uscire dalla zona di comfort e addentrarsi in una situazione talmente nuova che dà la sensazione di vuoto, l’ignoto fa paura.

 

È per questo che osservare senza giudicare diventa fondamentale per avventurarsi in un viaggio coraggioso come quello del cambiamento.

 

Hai diritto di avere rispetto di te e dei tuoi errori, il rispetto e la tenerezza sono insegnanti più lungimiranti per il tuo sviluppo e per quello di tuo figlio.

 

Per accompagnarti nel trasformare le situazioni che portano ansia e sofferenza nella tua quotidianità con tuo figlio, Contattami qui per una consulenza gratuita di 30 minuti:

Parleremo, risponderò alle tue domande e fisseremo un appuntamento.
Scopriremo insieme il modo in cui puoi liberare il tuo potenziale.
Sono disponibile per incontrarti online e parlare di ciò che ti sta più a cuore in questo preciso momento della tua vita.

Ti sarà utile a seminare il tuo giardino per una genitorialità serena, felice e soddisfacente, nel rispetto dei tuoi bisogni e di quelli di tuo figlio.

E per non perderti nemmeno un articolo della mia rubrica, segnati subito alla mailing list, e riceverai ogni venerdì nella tua casella postale elettronica gli strumenti più aggiornati per crescere i tuoi figli nel rispetto dei loro bisogni e dei tuoi.

 

A venerdì prossimo!

Vera Ghirardini

 

Bibliografia

CARINI, DANIELA, CAMILLETTI, FABRIZIO, AMELIO, VITO, La biologia delle emozioni, Torino 2011

FILLIOZAT, ISABELLE, Nessun genitore è perfetto, Edizioni Piemme, Milano 2011

KORCZAK, JANUSZ, Quando ridiventerò bambino, Luni Editrice, Milano 2018

POLI, ENRICA FRANCESCA, Le emozioni che curano, Edizioni Mondadori, Milano 2019

KABANN-ZINN, MYLA e JON, Il genitore consapevole, Edizioni Garzanti, Milano 2014

Articoli

GRATON, AURÉLIEN, Un’emozione utile?, pubblicato su MIND del 30 settembre 2019

THALMANN, YVES-ALEXANDRE, Lasciarsi andare, pubblicato su MIND del 30 settembre 2019

Vera Ghirardini

Ciao! Sono Vera Ghirardini, consulente genitoriale. Aiuto i genitori che si chiedono dove stanno sbagliando, a vivere con leggerezza e armonia, nel rispetto dei propri bisogni e di quelli dei propri figli
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